Intervistare il maestro Angelo Valente mi ha permesso di approfondire alcune tematiche riguardanti la visibilità e la possibilità di monetizzare attraverso i social network utilizzando gli sport da combattimento come cavallo di battaglia. Durante il nostro colloquio sono emersi anche spunti interessanti sul mondo della boxe professionistica e dilettantistica. Infine, Angelo si è aperto e ha dato la sua opinione su un argomento che ha creato scalpore nell’ultimo periodo. Buona lettura.
Intervista:
– Quali sono le differenze (mediatiche/promozionali/monetarie) con la kick di
quando tu eri campione e quella odierna? “Non ci sono, adesso puoi monetizzare, prima no. Prima era importante avere conoscenze tra vip e imprenditori per monetizzare. Oggi è più semplice perché se sei bravo con i social arrivano proposte da sponsor e boom d’iscrizioni. È sempre stato importante, e lo è ancora, stringere contatti con brand e sponsorizzarli per tanto tempo, bisogna creare una rete di contatti ed instaurare con loro un rapporto di fiducia reciproca. Di solito più lo sponsor paga più l’organizzatore è disposto a riservargli una collocazione privilegiata durante gli eventi”.
Sui social sei molto seguito, da cosa dipende questo successo? “Io penso che i miei coetanei mi conoscano per quello che ho fatto come atleta. Personaggi come Paolo Maldini e Andrea Baccan (Pucci) li conosco da prima dei social, li ho allenati e qualche volta li alleno ancora. I più giovani mi conoscono anche grazie a personaggi come Sfera Ebbasta e Guè che passano a trovarmi in palestra e si allenano con me. La passione che ci accomuna ci fa conoscere anche a pubblici diversi e così possiamo crescere insieme. Una collaborazione tira l’altra, è così che ho conosciuto tanta gente proveniente da settori diversi e con target di pubblico differenti.”
– Quanto sono importanti i social per te, le tue palestre e i tuoi atleti? Cerchi di sponsorizzare tanto i tuoi atleti? “In genere gli altri maestri sono egoisti, io penso più ai miei ragazzi che a me. Poco tempo fa mi ha contattato “Men’s Health” per scrivere un articolo e io ho deciso di mandare un mio ragazzo (Joseph Lasiri). Il mio brand lo possono portare avanti tutti perché non ha il mio nome, non siamo la Valente Boxing team o altri simili (Milano è piena di esempi) ma la Kick and punch, un gruppo di atleti, appassionati, amici e staff. Siamo una grande famiglia e cerchiamo di aiutarci l’un l’altro.”
– Il dilettantismo è in declino, gli atleti vogliono passare subito al professionismo, sei d’accordo con questa affermazione di J. Bulger (Counter punch – film Netflix)? “Il pugilato è sempre in declino in Italia, dilettanti e pro. Il pugilato vero era negli anni 80, negli anni 90 è morto. I “Branchini” prima erano nel pugilato e prendevano i pugili più forti, gli davano vitto, alloggio e li facevano combattere. Ad oggi, in Italia, è impensabile perché nessuno ha quella capacità economica, bisogna costruire soluzioni alternative e pensare in maniera differente.”
– Che cosa manca alla boxe in Italia? Atleti di qualità o promozioni serie? “Atleti di qualità fanno promozioni serie. È difficile diventare dilettanti di successo e vivere di boxe. Conquistarsi un posto in nazionale è molto complicato. I più fortunati si arruolano nelle fiamme oro e riescono così a vivere di pugilato dilettantistico” – Una pratica che garantisce il “posto fisso” ma che non permette il salto di qualità nel mondo professionistico. -. “Una volta dovevi essere per forza un buon pugile ora se sei un pugile influencer è più facile fare carriera. Se attiri tanta attenzione e riempi i palazzetti, gli organizzatori punteranno sempre molto su di te, cercheranno di non farti perdere fino a quando non arriverà qualcuno più forte e conosciuto”. Certi atleti sono più macchine da soldi che professionisti veri.
– Giorgio Petrosyan in un post su Instagram dice così: “Le cinture servono solo per tenere su i pantaloni…Chi mi conosce sa bene che delle cinture non me ne è mai fregato niente, però non capisco come mai in Italia ci sono più campioni del mondo che in tutto il resto del globo. Non so se è un bene o un male, giudicate voi”… Cosa pensi di questa affermazione? “Giorgio ha ragione, è un male! Chiunque oggi può aprire delle A.s.d e creare dei campionati mondiali con quattro iscritti alla sigla, in questo modo si falsano i titoli degli atleti e si crea tanta confusione per gli spettatori meno esperti. La disinformazione non è un fatto prettamente giornalistico, anche in questo settore bisogna rivolgersi a circuiti seri e campionati veri senza lasciarsi abbindolare. Inoltre, sono i match che contano e non le cinture. Joseph Lasiri che batte Prajanchai PK. Saenchai è un match da storia anche senza nessuna cintura in palio”.
– Grazie a te tanti atleti “giovanissimi” hanno la possibilità di esprimersi in Italia e all’estero. So che questo ti rende molto orgoglioso, puoi raccontarmi qualcosa a riguardo? “I piccoli sono il futuro! In Doria (storica palestra meneghina) ai tempi curavamo molto i pro e poco i dilettanti, quando l’epoca è finita non avevamo più un vivaio. Serve sempre prima il vivaio e poi i pro, bisogna coltivare i talenti, preparare gli atleti del futuro, per loro e per lo sport. Mi piace lavorare con i giovani, non mi interessa che siano dei campioni, preferisco qualità come la bontà e la serietà. Allenare i bambini è bellissimo, mi rende immortale perché crescono tutti con un pezzo del mio cuore”.
– Da cosa dipende il boom delle iscrizioni ai corsi di sport da combattimento? È reale o hanno ingigantito la cosa? “Dal 2000 c’è il boom delle iscrizioni, credo sia una questione di moda, prima la boxe era uno sport di nicchia, popolare…Oggi tutti vogliono imparare e questo fa solo che bene al settore. Grazie al boom anche tante donne si sono avvicinate a questa realtà. È un processo lungo ma se crescono gli iscritti e gli appassionati vuol dire che cresce l’interesse e questo permetterà di organizzare eventi sempre più belli”.
– Vuoi aggiungere una tua opinione su qualche fatto di cronaca sportiva? Si. Mi sono arrabbiato tantissimo quando alcuni tifosi hanno scritto: “Devi fare la fine di Vialli” sotto il post di Theo Hernandez con in braccio il figlio. Una mancanza di rispetto e di umanità verso tutti, la famiglia Vialli, Theo H. e tutti i malati che ogni giorno lottano per la vita. Le tifoserie calcistiche (anche nei pulcini) mi lasciano spesso senza parole: grida, insulti, risse ecc…Nel pugilato tutto ciò non esiste, la boxe non è uno sport violento, la violenza c’è quando esci dalle regole e nel calcio lo si fa troppo spesso: dalla maglia tirata ai pestoni, dagli insulti ai falli, dai cori razzisti ai commenti d’odio sui social…Nel nostro sport ci sono tanti invidiosi ma non c’è spazio per la cattiveria”.
Ringraziamento
“Angelo Valente prima di essere il mio coach è un grande amico e un grande uomo. Lo ringrazio per avermi concesso quest’intervista ricca di spunti e nuovi insegnamenti su cui riflettere. Un maestro dentro e fuori dal ring”